La cooperazione italiana
• Contesto socio-economico
• La strategia nazionale di sviluppo
• L’aiuto esterno allo sviluppo della Tunisia
• La Cooperazione Italiana allo Sviluppo in Tunisia
- Obiettivi
- Gli organi decisionali
- La storia
• Altre iniziative italiane di cooperazione
- Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
- APQ
• Iniziative finanziate da UE rivolte a enti locali e istituzionali pubbliche italiane
La Cooperazione Italiana
• Contesto socio-economico
La Tunisia ha avviato, a partire dalla seconda metà degli anni 80, radicali misure di aggiustamento macroeconomico, in accordo con il Fondo Monetario Internazionale FMI e la Banca Mondiale (WB) intraprendendo importanti riforme strutturali in vari settori.
Dal 1995, anno in cui é stato firmato l'Accordo di Associazione con l'Unione Europea (entrato in vigore nel 1998), il grado di apertura dell'economia tunisina al commercio con l'estero é progressivamente aumentato.
Il 1° gennaio 2008 la Tunisia è entrata a tutti gli effetti nella zona di libero scambio dei prodotti industriali con l’UE, mentre sono attualmente in corso i negoziati per la liberalizzazione del settore agricolo e dei servizi.
L’accordo di associazione ha avuto un impatto positivo sull’economia del Paese e ha stimolato l’aumento della competitività delle imprese imprimendo un’accelerazione agli scambi commerciali tra Tunisia e Unione Europea, che rimane il primo partner del Paese: circa il 70% delle importazioni (pari a 9.9 miliardi di euro) e il 79,3% delle esportazioni (pari a 11 miliardi di euro) tunisine nel 2011 sono state, infatti, provenienti o dirette all’Unione Europea.
Inoltre, nello spirito del « Processo di Barcellona », la Tunisia ha concluso una serie di accordi di libero scambio a livello bilaterale (Marocco, Giordania e Turchia) e sul piano regionale e multilaterale con i Paesi del mondo arabo, con l’Associazione Europea di Libero Scambio (Norvegia, Svizzera ed Islanda) e con i Paesi firmatari dell’accordo di Agadir (Marocco, Egitto, Giordania).
Il Paese ha fatto registrare qualche progresso in termini di crescita equa, lotta alla povertà e raggiungimento di buoni indicatori sociali. Tuttavia, nonostante il tasso di crescita si sia mantenuto in media attorno al 5% negli ultimi 20 anni, la rivoluzione dello scorso 14 gennaio 2011 e la successiva crisi nella vicina Libia hanno avuto ricadute negative sull’economia del Paese : il Paese ha registrato alla fine del 2012 una crescita media annua del 2,5% , per quanto ha fatto registrare un netto miglioramento rispetto al 2011. Nonostante cio La Tunisia mira a raggiungere tassi di crescita di oltre il 7% e di entrare in un processo di convergenza con l'Unione Europea.
In seguito alla rivoluzione le esportazioni verso l’Europa hanno subito un calo del 30%. Inoltre, la Tunisia ha dovuto affrontare, sul piano interno, un forte aumento delle tensioni sociali e, nel corso dell’anno , una considerevole riduzione del turismo (-20,4%) e degli investimenti stranieri (-7,3%) .Ciò ha comportato conseguenze negative soprattutto sul mercato del lavoro, dato che l’economia tunisina ha sempre avuto difficoltà ad assorbire la crescente forza lavoro: la disoccupazione è stata persistentemente alta negli ultimi anni e ha raggiunto un tasso del 48% nelle regioni più povere come Gafsa, Kasserine e Jendouba, coinvolgendo principalmente giovani e individui con livello di istruzione secondario , mentre a livello nazionale il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 23%.
Per quanto riguarda gli indicatori sociali, il Paese persegue sulla buona strada per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Nel settore dell’educazione, l’accesso alla scuola dell’obbligo (tra i 6 e gli 11 anni) è sostanzialmente totale (99,9% nel 2009). I tassi di completamento del ciclo primario di studi sono alti per le bambine (91% nel 2007/2008) e stanno migliorando per i maschi (87% nel 2007/2008). Il tasso di mortalità infantile ha registrato una notevole riduzione e circa il 94% della popolazione ha accesso all’acqua potabile. In generale, l’evoluzione di questi indicatori può ritenersi positiva per il Paese, che ha però registrato una riduzione del suo indice di sviluppo umano da 0,68 del 2010 allo 0,52 del 2011 e che si colloca al 94° posto su scala mondiale . La speranza di vita alla nascita si attesta intorno ai 74,5 anni. Il tasso di mortalità a luglio 2011 è pari a 5,83 decessi per mille abitanti mentre il tasso di mortalità infantile è pari al 26 per mille (persiste, tuttavia, un’enorme disparità tra zone urbane e zone rurali).
L’accesso ai servizi socio-economici di base (acqua, elettricità, servizi igienici) è quasi universale e la Tunisia è considerato leader tra i Paesi MENA (Nord Africa e Medio Oriente) per le questioni di genere e il rafforzamento del ruolo della donna.
L’XI Piano di Sviluppo Economico e Sociale (2007-2011) del vecchio Governo di Ben Ali confermava la linea di politica economica mirante a trasformare la Tunisia da « Paese di medio sviluppo » a « Paese sviluppato ». Tale piano prevedeva infatti un’accelerazione della crescita economica (tasso di crescita auspicato al 6,5% annuo) e la riduzione della disoccupazione.
Per il turismo, settore strategico dell’economia tunisina, l’XI Piano prevedeva di diversificare l’offerta valorizzando il patrimonio culturale, naturale e storico.
Prima della rivoluzione del 14 gennaio 2011, l'approccio era fondato sulla razionalizzazione delle spese, la promozione dell'investimento pubblico e la riduzione delle sovvenzioni a titolo della cassa di compensazione. La presa di coscienza nel 2011 dell'ampiezza dei problemi sociali ed economici si è tradotta con un riorientamento verso politiche di riduzione della disoccupazione, la riduzione delle disparità regionali e la lotta contro la povertà.
Le sovvenzioni al potere d'acquisto sono aumentate del 90% rispetto al 2010 per raggiungere 2,8 miliardi TND (4,5% del PIL). I prodotti energetici hanno maggiormente beneficiato dell'intervento dello Stato nel 2011, per un importo globale di 1,5 miliardi TND, seguiti dai prodotti alimentari (1,1 miliardi) ed i trasporti. Il governo ha anche aiutato le imprese sinistrate in occasione della rivoluzione. Inoltre, in risposta ai numerosi scioperi, la situazione di molti agenti dell'amministrazione pubblica è stata regolarizzata.
Nonostante un tasso d'esecuzione delle spese inferiore alle previsioni, il deficit di bilancio è stimato al 3,9% del PIL nel 2011 contro l’1,3% nel 2010. Nel 2012, si è registrato un aggravamento del deficit di bilancio che ha sfiorato il 6%, a causa di un ribasso relativo delle risorse di bilancio e dell'aumento delle spese pubbliche. Questa tendenza è destinata a perdurare nei prossimi anni vista la persistenza e l’aggravamento del quadro macroeconomico globale e la continua revisione al ribasso del tasso di crescita dell’economia (fonte INS – Istituto Nazionale di Statiche).
La base delle entrate in Tunisia rimane abbastanza differenziata con una bilancia equilibrata tra imposte dirette (42,5% nel 2011) ed indirette. Le forme d'imposizione hanno effetti di distorsione molto limitati. L'IVA rappresenta la metà delle imposte indirette contro una parte quasi marginale dei diritti doganali (8% circa). Nonostante la crisi economica, le entrate fiscali hanno tenuto bene con una buona prestazione di imposte dirette ed entrate non fiscali (ritornati delle partecipazioni e delle privatizzazioni). L'espansione della base fiscale resta una sfida prioritaria, soprattutto in periodo di debole crescita.
Il debole contributo di una parte del tessuto produttivo, costituito da piccole e medie imprese (PMI) e da microimprese, viene attribuito al regime forfetario d'imposizione. Infatti, queste imprese contribuiscono solo con il 2% delle entrate fiscali dello stato questo nonostante l’aliquota d'imposta sulle società (30%) sia relativamente elevata.
• La strategia nazionale di sviluppo
Le iniziative di cooperazione finanziate dall’Italia in Tunisia, vengono definite sulla base delle priorità di sviluppo individuate dal Governo tunisino in documenti programmatici quinquennali, denominati «Piani di sviluppo».
Il governo transitorio guidato da Béji Caïd Essebsi ha elaborato un programma di sviluppo nazionale presentato alla comunità internazionale in occasione del vertice del G8 che si è tenuto a Deauville il 26 e 27 maggio 2011. Tale programma presenta cinque priorità: migliore governo, ammodernamento delle infrastrutture, sviluppo del capitale umano, integrazione con i mercati internazionali, attraverso la stipulazione di accordi con l’UE e con Stati Uniti, Canada e Giappone e trasformazione del settore finanziario.
Nonostante la transitorietà dell’incarico, il governo di Essebsi ha elaborato una strategia di sviluppo economico e sociale per il periodo 2012-2016, che prevede in particolare un intervento nell’ambito del settore privato, con la creazione di posti di lavoro e per dare impulso agli investimenti.
Dopo le elezioni dell’ottobre 2011, il nuovo governo guidato da Hamadi Jebali, poi dimessosi a inizio 2013, si é più volte espresso in termini di una « nuova crescita tunisina » e della necessità di investire in particolare nelle regioni più povere del Paese. Jebali annuncio’ a suo tempo la creazione di un consiglio nazionale per lo sviluppo, che sarebbe stato composto da diverse forze nazionali, come ministri, imprenditori, sindacalisti e che avrebbe dovuto prendere le decisioni più rilevanti in tema di sviluppo e fornirà al governo e all’assemblea nazionale costituente pareri e proposte. A fine 2012, e nonostante i buoni propositi, questo Organo fondamentale per lo sviluppo regionale non era stato ancora creato
Il nuovo governo è alla ricerca di possibili fonti di finanziamento : il Qatar ha promesso un aiuto pari a 500 milioni di dollari e saranno possibili finanziamenti da parte della Banca Mondiale, della Banca Africana per lo Sviluppo e dell’Unione Europea.
La rivoluzione ha rivelato l'ampiezza delle fragilità strutturali del paese: disparità regionali, disoccupazione dei giovani laureati e gestione. Nonostante i progressi realizzati, l'economia tunisina resta dominata da settori tradizionali a debole valore aggiunto. È anche segnata dal dualismo dei settori offshore e onshore, con disparità pronunciate in termini di produttività, di tasso di crescita, d'investimento e di vantaggi fiscali.
In seguito alla rivoluzione del 14 gennaio, i fondamentali dell'economia tunisina si sono deteriorati. La crescita ha retrocesso, al -1,8% per l'anno 2011, a causa delle incertezze politiche e delle contestazioni sociali che hanno influito sul turismo e l'investimento diretto estero (IDE). Il conflitto libico ha anche avuto ripercussioni, con la pendenza del commercio, della spedizione di fondo in provenienza da questo paese o dagli investimenti libici in Tunisia. Il 2012 é stato caratterizzato da un miglioramento che ha portato la crescita ad un tasso su base annua a circa 2,5%.
Il sistema bancario resta fragile a causa del peso dei crediti non produttivi ed un controllo insufficiente in materia di sorveglianza dei rischi. Per il 2013 sarà necessario risanare le banche e ricapitalizzarle in modo graduale.
Nonostante queste difficoltà, le prospettive a medio termine rimangono positive. Malgrado la riserva degli investitori nel 2011, la Tunisia dovrebbe attirare nel medio periodo e a fronte di una progressiva stabilizzazione interna (anche in termini di sicurezza) nuovi flussi di capitali, mettendo l'accento sulla trasparenza e la creazione di imprese. Il Paese può contare su una mano d'opera locale abbastanza qualificata, un settore privato dinamico ed una posizione geografica vantaggiosa di cerniera tra l'Europa ed il continente africano.
Per dare slancio all’economia, le autorità hanno lanciato nuove riforme tra cui si possono citare : la riforma del codice di investimento, la riforma della normativa delle gare pubbliche (marché public), la libertà della stampa, il sistema di formazione professionale e di impiego per i giovani.
La Tunisia è alle prese con una transizione politica delicata in un contesto di scosse congiunturali forti - forte pressione ed instabilità sociale legata alla dopo-rivoluzione, crisi libica e crisi internazionale. La ripresa nel 2013 dipende da un ritorno rapido alla stabilità sociale e dall'intesa tra i diversi attori politici sulle prossime scadenze elettorali. Inoltre meccanismi di gestione suscettibili di garantire un quadro giuridico favorevole al clima degli affari rimangono da realizzare, per segnare una rottura con le pratiche predatori del vecchio regime di Ben Ali. Progressi sono stati registrati in materia di gestione nel 2011, ma il problema strutturale di disoccupazione dei giovani richiede riforme ambiziose, oltre ai piani di emergenza, il cui impatto non potrà essere immediato.
Il rilancio atteso per il 2013- 2014 dipenderà dalla capacità dei principali attori politici di intendersi sull’approvazione della nuova costituzione e l'attitudine del governo ad organizzare misure audaci, per rivitalizzare l'economia e riacquistare la fiducia degli investitori. Inoltre dipenderà dalla riduzione o meno dalle sovvenzioni petrolifere ed alimentari, per consentire l’aumento delle spese d'investimento. Gli effetti di rilancio sono d'altra parte tributari dell'economia europea, principale partner commerciale del paese. Infine, il ritorno al normale in Libia e la ripresa sperata potrebbero iniziare una nuova dinamica d'espansione d'investimenti e di commercio tra i due paesi e potenzialmente assorbire una parte dell'eccedenza di manodopera tunisina. Le evoluzioni dell'Europa e della Libia restano dunque determinanti.
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• L'aiuto esterno allo sviluppo della Tunisia
Il finanziamento dell’XI Piano di sviluppo della Tunisia si basa oltre che sulle risorse nazionali (71,4%) anche sulle risorse estere (28,6%) provenienti dall’aiuto pubblico allo sviluppo (7,8%), dal mercato finanziario internazionale (11,0%) e dagli investimenti diretti esteri (9,8%).La mobilitazione delle risorse estere per il periodo 2007-2011 ha visto il coinvolgimento dell’Unione Europea, della Banca Modiale, della Banca Africana di Sviluppo, varie agenzie dell’ ONU (FAO, HCDH, IOM, UNAIDS, UNDP, UNICEF, UNIDO etc. ) e di donatori bilaterali, tra cui Italia, Francia, Spagna, Svizzera, Belgio, Germania e Giappone.
Il coordinamento tra i vari donatori viene effettuato periodicamente nei principali settori d’intervento a livello di Delegazione della Commissione europea. Si tengono inoltre riunioni ad hoc con i vari soggetti di cooperazione (Banca africana di Sviluppo, Cooperazione francese, spagnola, belga, tedesca, giapponese...) nella fase di programmazione delle attività per aumentare l’efficacia dell’aiuto.
È previsto un coordinamento fra donatori bilaterali piú strutturato dal 2016 in poi tramite l’introduzione della programmazione operativa multiannuale congiunta.
• La Cooperazione Italiana allo Sviluppo in Tunisia
- Obiettivi
La cooperazione italiana allo sviluppo è regolamentata dalla Legge 49/87 della Repubblica Italiana “Nuova disciplina della Cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo”. Essa è parte integrante della politica estera dell'Italia e si propone di contribuire agli sforzi coordinati in sede ONU e UE per ridurre la povertà nel mondo e aiutare i PVS (Paesi in Via di Sviluppo) a rafforzare le proprie istituzioni, in un’ottica di “buon governo” (good governance) e nel rispetto dei diritti umani e della partecipazione democratica allo sviluppo economico di tutte le componenti sociali e di genere.
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- Gli organi decisionali
L’organizzazione delle attività di Cooperazione allo Sviluppo fa parte dei compiti del Ministero degli Affari Esteri (MAE). All’interno del Ministero tali attività sono demandate alla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS).
La DGCS si occupa di attuare le linee di cooperazione e le politiche di settore nei diversi Paesi, di stabilire rapporti con le Organizzazioni Internazionali, con l’Unione Europea e con le Organizzazioni non governative (ONG). Svolge attività di gestione dei fondi da destinare agli aiuti allo sviluppo e agli interventi umanitari di emergenza.
Tutte le iniziative che prevedono impegni rilevanti sotto il profilo finanziario sono approvate da un Comitato Direzionale (art. 9 Legge 49/87) composto da esponenti del MAE e di altre istituzioni, in particolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze (il soggetto erogatore dei crediti d’aiuto). Il Comitato è istituito presso il Ministero degli Affari Esteri ed è presieduto dal Ministro degli Affari Esteri o dal Sottosegretario per gli Affari Esteri.
Per un approfondimento vedere il documento I meccanismi della cooperazione italiana
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- La storia della cooperazione allo sviluppo italo-tunisina
Il Programma della Cooperazione italiana in Tunisia viene definito, a partire dal 1988, nel corso delle sessioni della Grande Commissione Mista (GCM) italo-tunisina. Si sono svolte 6 Grandi Commissioni Miste in Tunisia. Il settimo incontro era programmato per il 2011, ma dati gli eventi socio-politici che hanno scosso il paese, è stato rinviato ad un periodo di maggiore stabilità